Così
parlarono gli ermellini della Cassazione Penale con sentenza n. 44095 del 23
ottobre 2014.
Ricorre
per Cassazione la padrona di una cane, condannata, nei precedenti gradi di
giudizio, per lesioni colpose ex art. 590 codice penale, allorquando ad una
mostra canina, il suo fedele amico a quattro zampe pur trattenuto al guinzaglio,
aggrediva e mordeva al volto un bambino di due anni.
Nel
ricorso, i difensori invocavano la discolpa della signora sostenendo che la
museruola è strumento alternativo al guinzaglio che, nel caso di specie era
correttamente utilizzato e che il fatto storico non era provato in assenza di
perizia medico legale sul piccolo bambino.
I
giudici ritengono il ricorso
inammissibile per le seguenti motivazioni:
- In relazione alla prova dei morso e della sua riconducibilità al cane dell’imputata, i giudici di merito riportano le plurime deposizioni testimoniali, tutte convergenti nella ricostruzione della vicenda così come effettuata nella sentenza impugnata. Peraltro le deposizioni, come evidenziato dal tribunale, hanno trovato riscontro nella certificazione medica versata in atti e nelle foto del volto del bambino ove sono visibili i segni dell’aggressione.
- Quanto al lamentato difetto di motivazione sulla prova della colpa, va premesso il richiamato disposto dell’ordinanza del Ministro della Salute del 1312007, n. 10, avente per oggetto la “Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani”, ove è previsto l’obbligo per i detentori di cani di applicare la museruola o il guinzaglio ai cani quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico; inoltre di vigilare con particolare attenzione sulla detenzione degli stessi al fine di evitare ogni possibile aggressione a persone. Spetta pertanto al detentore dell’animale scegliere il mezzo più adeguato (museruola o guinzaglio) idoneo a garantire la sicurezza dei terzi presenti in luoghi pubblici.