Nell’ oramai famigerato decreto per le liberalizzazioni,
approvato in senato ed in attesa di giudizio nell’altro ramo del parlamento, ha
trovato spazio anche una novità che riguarda il risarcimento del furto di un
veicolo a motore. Infatti non ci sarà più la necessità per il malcapitato di
produrre tra i vari documenti richiesti la cosidetta “chiusa inchiesta”, ovvero
il certificato di chiusura delle indagini preliminari.
Un documento per l’ottenimento del quale si possono
attendare diversi mesi. Per i reati commessi da ignoti, le forze dell'ordine
non devono informare subito il pubblico ministero: devono riunirli in un elenco
mensile, che va inviato alla procura. Quindi un mese per informare il pm poi
altri tre, nell'attesa che emergano eventuali fatti nuovi. Solo dopo si iscrive
il furto nel cosiddetto modello 44 (registro delle notizie di reato relative a
ignoti) e il gip, il Giudice per le Indagini Preliminari, può decretare
l'archiviazione. Infine, il fascicolo torna in procura per andare in archivio. In
tutti questi passaggi il rischio di ritardi è dietro l’angolo e molto dipende
anche dalle volontà dei singoli magistrati, che considerato che il furto
perpetrato da ignoti non comporta rischi di scadenza di termini per la custodia
cautelare e perché la prescrizione ha effetti meno gravi (non c'è un presunto
colpevole che può farla franca), mette in coda i relativi fascicoli, per
favorire casistiche più gravi e/o urgenti.
Non proprio favorevole il parere dell’ANIA e degli
assicuratori in generale, che avrebbero preferito un testo normativo meno
rigido, con spazio al libero arbitrio delle compagnie laddove ci fosse fumus di
frode.
Già oggi infatti alcuni istituti come Allianz e Generali, in
alcuni casi, dove nessun sospetto veniva ravvisato, rinunciavano a chiedere
tale documento in favore della velocità di liquidazione.