Lo
stabilisce la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza nr
3966 del 13 marzo 2012. Ricorrevano per Cassazione gli eredi legittimi di una
vittima di investimento pedonale contro le sentenze del Tribunale e della Corte
d’Appello, sia in merito all’an debeatur (i precedenti giudizi addossavano alla
vittima una corresponsabilità del 50%) sia in merito al quantum. Per rientrando
la valutazione delle prove, nel potere discrezionale del Giudice d’appello, e
non potendo essere oggetto di riesame in sede di legittimità, la sentenza
ricorda che:
“In tema di investimento stradale, se pure il
conducente del veicolo investitore non abbia fornito la prova idonea a vincere
la presunzione di colpa che l’articolo 2054, primo comma, c.c., pone nei suoi
confronti, non è preclusa l’indagine, da parte del giudice di merito, in ordine
al concorso di colpa del pedone investito, con la conseguenza che, allorquando siano
accertate la pericolosità e l’imprudenza della condotta del pedone, la colpa di
questi concorre, ai sensi dell’articolo 1227, primo comma, c.c., con quella
presunta del conducente (Cass. 8 agosto 2007, n. 17397). Nella fattispecie, l’impugnata
sentenza ha ritenuto sussistere - nella misura del 50 per cento - il concorso
di colpa del pedone, investito dall’autovettura, perché aveva attraversato in
ora notturna una strada a scorrimento veloce e senza essersi assicurato, al momento
dell’inizio dell’attraversamento, di essere stato avvistato dal conducente del
mezzo investitore.”
Ma gli spunti più interessanti, che hanno dato il titolo a questo post,
riguardano il quantum debeatur, in merito al risarcimento del danno
patrimoniale futuro e il danno morale iure hereditatis:
“A norma dell’art. 2043 c.c., infatti, ai prossimi congiunti di un
soggetto, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo,
compete il risarcimento del danno anche patrimoniale, anche nel caso in cui il
defunto avesse appena intrapreso una attività professionale remunerata; in
questo caso, ad essi spetta il risarcimento del danno patrimoniale futuro,
sulla base di una valutazione equitativa circostanziata ed a carattere
satisfattivo che tenga conto della rilevanza del legame di solidarietà
familiare, da un lato, e delle prospettive di reddito professionale dall’altro
(Cass., 27 giugno 2007, n. 14845). Nel caso in esame la Corte d’appello ha
errato nell’escludere il diritto al risarcimento in quanto il padre non versava
l’assegno di mantenimento. Il danno futuro deve essere invece riconosciuto
perché non si può escludere che il padre avrebbe provveduto in futuro, tanto
più che per lui costituiva un vero e proprio obbligo giuridico corrispondere il
mantenimento e provvedere all’educazione ed all’istruzione della figlia.”
“In caso di morte della vittima a seguito di sinistro stradale, la brevità
del periodo di sopravvivenza alle lesioni, se esclude l’apprezzabilità a fini
risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del
pregiudizio alla salute, ostando alla configurabilità di un danno biologico
risarcibile, non esclude viceversa che la medesima abbia potuto percepire le conseguenze
catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, il diritto al cui
risarcimento, sotto il profilo del danno morale, risulta, pertanto, già entrato
a far parte del suo patrimonio al momento della morte e può conseguentemente
essere fatto valere “iure hereditatis”. Ne consegue che il giudice di merito
deve apprezzare la peculiarità del fatto specifico e provvedere alla
conseguente liquidazione, necessariamente ancorata a criteri equitativi (Cass.,
6 agosto 2007, n. 17177).”