martedì 16 dicembre 2014

Il futuro dei nostri figli non è un gioco: il 3 episodio della famiglia Barbatosta!

Su “Il Camposampierese” di dicembre / gennaio è stato pubblicato il 3 episodio della famiglia Barbatosta che ci suggerisce qual è la corretta condotta di guida con a bordo i nostri bambini.

In questo episodio papà Luciano viene ripreso da mamma Violetta perché si è distratto alla guida e stava per collidere con un “ippopotamo” a bordo di una vespa!

La distrazione, assieme all’eccesso di velocità sono tra le prime cause di incidente stradale. Il fattore umano è determinante per il 76% nella causazione di un incidente stradale. Le condizioni del veicolo incidono per un 6% e il 18% degli incidenti stradali è dovuto alle avverse condizioni meteorologiche.


Una guida prudente ed attenta aiuta a prevenire il rischio di incidenti stradali anche quando dovuti al comportamento scorretto altrui. Quando abbiamo poi a bordo i nostri figli, la prudenza non è mai troppa.

martedì 9 dicembre 2014

De iure condito: “Il conducente ebro non è sempre responsabile”

Gli ermellini di Piazza Cavour ci ricordavano con la sentenza 14 marzo 2013, n. 6548 che “la circostanza che il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale avesse, al momento del fatto, un tasso alcolemico superiore a quello massimo consentito dalla legge costituisce una presunzione iuris tantum della sua responsabilità nella causazione dell’evento, che può essere superata attraverso la prova concreta che il sinistro non sia stato causato dallo stato di ebbrezza del conducente”.

E proprio su tale principio hanno ribadito le motivazioni della più recente pronuncia nr 22238 del 20 ottobre 2014 della Terza Sezione Civile. Il caso riguardava la responsabilità esclusiva (cosi decideva il Tribunale di Appello) del conducente di un autocarro che provenendo da un parcheggio privato mancava il rispetto dell’obbligo di precedenza, immettendosi nella circolazione e collideva con un autoveicolo che sopraggiungeva il cui conducente risultava poi essere in stato di ebrezza.

La Cassazione conferma la validità della pronuncia della Corte di Appello di Milano asserendo che : “la presunzione iuris et de iure – posta alla base della norma sanzionatoria ed incriminatrice di cui all’art. 186 cod. strada (che unicamente assume rilievo nella fattispecie, per il rapporto di specialità che sussiste tra essa e la generica norma incriminatrice di cui all’art. 688 cod. pen.) – secondo cui lo stato di ebbrezza sussiste ogni qual volta venga superato il tasso soglia, non legittima affatto “il ricorso a schemi presuntivi di alcun genere nell’indagine sulle cause di un incidente, posto che il carattere indiziante del superamento del tasso soglia può essere completamente svalutato nel concorso di altri fattori indicativi della sua sostanziale inoffensività” (cosi la citata Cass. n. 6548 del 2013). L’apprezzamento rimesso al giudice di merito in siffatto contesto è di fatto e, dunque, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
A tale principio si è attenuta la Corte territoriale, la quale non ha negato la valenza penalistica (o, comunque, di tipo sanzionatorio, anche sul piano amministrativo) dello stato di ebbrezza del L. , ma ha contestualizzato la condotta tenuta dal medesimo in quel determinato stato, rilevando, con motivazione di stretto merito e priva di vizi logici, che le condizioni psico - fisiche determinate dall’ubriachezza non avevano affatto influito causalmente sulla determinazione dell’incidente, giacché – a fronte di una manovra improvvisa ed imprevedibile di immissione dell’autocarro da un parcheggio privato su una strada statale ad intensa percorrenza – il L. era stato in grado di percepire il pericolo e attuare repentinamente una frenata del proprio automezzo, seppur inutilmente.

Di seguito il testo integrale della sentenza

Corte di Cassazione, sezione III Civile
sentenza 17 luglio – 20 ottobre 2014, n. 22238 Presidente Salmè – Relatore Vincenti

martedì 25 novembre 2014

De iure Condito "In caso di incidente senza il casco il risarcimento spetta per intero (salvo diversa prova del danneggiante)"

E’ interessante la recente pronuncia della Corte di Cassazione nr 23148 del 31.10.2014 che riguarda il caso di risarcimento per il danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti di un ragazzo morto a seguito di un incidente stradale, a bordo, in qualità di trasportato, su di un motociclo sul quale viaggiava senza casco.

Il ricorso per Cassazione veniva proposto dal Comune e dalla compagnia di assicurazioni che lamentavano una mancata diminuzione del quantum risarcitorio nonostante il ragazzo, al momento del sinistro, non indossasse il casco e consapevolmente accettava il trasporto a bordo di una moto guidata da un conducente sprovvisto di regolare permesso di guida.
 Quanto al primo motivo le risposte agli ermellini di Piazza Cavour venivano fornite dalla CTU che asseriva: “non era possibile stabilire se l’uso del casco regolamentare avrebbe potuto evitare il decesso del giovane e che, dove l’indagine sul concorso di colpa della vittima non porti a risultati certi, come è accaduto nella fattispecie, l’esito non può che ridondare a danno del debitore danneggiante”.

Concludono poi i giudici che la prova di concorso del fatto colposo del danneggiato ex art. 1227 deve essere fornita dal debitore. In buona sostanza se risulta che il conducente, nonostante le cinture o casco, avrebbe ugualmente riportato gli stessi danni fisici,  allora in questa ipotesi il risarcimento non può subire diminuzioni e sarà onere del danneggiante o della sua compagnia assicurativa dimostrare che il danno riportato dal danneggiato è stato determinato in tutto o in parte per colpa dello stesso che non ha utilizzato le cinture o il casco.


in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’articolo 1227 c.c., la prova che il creditore –danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore. La correttezza del primo assunto della Corte circa le conseguenze della prova insufficiente del concorso colposo della vittima, rende privo di interesse il profilo relativo all’esistenza dell’obbligo di indossare il casco: essendo indimostrata l’efficienza causale, rispetto al decesso, dell’omesso impiego della protezione, risulta, infatti, del tutto irrilevante l’indagine sulla violazione del relativo obbligo da parte del trasportato